Febbraio è il mese dedicato alla lettura di Georges Simenon. In primo luogo perché gli Adelphi in sconto editore del 20% consentono di ampliare la collezione senza troppi sensi di colpa, poi perché proprio in febbraio, il 13, ricorre l’anniversario della nascita dell’autore belga, che adoro e, da ultimo, fattore non trascurabile, condividendone il mese di nascita, finisco col veicolare qualche generoso donatore in vena di festeggiarmi, in direzione della libreria più vicina.
Un rito, che, auspico, durerà per molti anni a venire, considerando la bibliografia di più di 500 opere del prolifico romanziere.
Avendo nuovi volumi a disposizione, non riesco a resistere e mi tuffo nella prosa vivida del grande Simenon. Dopo aver letto tutto ciò che è stato tradotto e pubblicato avente come protagonista Maigret, negli ultimi anni mi sono concentrata sugli altri romanzi gialli, che raccontano una umanità differente, per quanto non distante da quella delle indagini del Commissario. Eppure sono romanzi più graffianti, feroci, senza speranza. Forse la realtà filtrata dallo sguardo, bonario ma implacabile, di Maigret è meno cruda, c’è sempre uno spiraglio che consente di provare comprensione per chi ha commesso il delitto, o quantomeno comprenderne i motivi. C’è una possibilità di identificazione, che rende umani vittime e carnefici.
Nelle altre opere c’è maggiore crudezza, un’umana sconfitta senza una vera possibilità di redenzione. In questi ultimi giorni, complice un’indisposizione, ho avuto più tempo a disposizione, dedicandomi alla lettura de “gli intrusi” e poi de “la vedova Couderc”. Nel primo ho respirato un’atmosfera più vicina a quelle parigine di Maigret; il protagonista, che affoga il dolore nell’alcol, trascina un’esistenza miserabile finché un evento non lo costringe a rientrare nella vita reale. Un delitto, che costituisce una sorta di brusco risveglio dal torpore in cui l’abbandono della moglie lo aveva gettato. Un tentativo di rinascita, che agli attori del secondo romanzo viene negato. L’ineluttabilità della perdizione di Jean è evidente sin dalle prime pagine ed è ben chiaro che a esserne artefice sarà proprio Tati, la vittima. Ma l’abilità di Simenon è proprio nel suscitare sentimenti contrastanti, tanto che alla fine i ruoli sono confusi. È l’assassino da commiserare, la vedova ha provocato e forse meritato ciò che le accade? Un ritmo incalzante, nonostante situazioni appiccicose, come l’umida estate che fa da scenario al dipanarsi degli eventi.
La grandezza dell’autore è indiscutibile e la contemporaneità di un romanzo scritto nel 1940 ne è testimonianza. Da leggere!