È iniziata così, come boutade.
Facciamo 1200 km e stiamo lì fino alla fine del concerto, poi altre due ore di auto e andiamo a fare il bagno in spiaggia, sulla Costa dei Trabocchi. Un weekend di follia, ma “se il senno è sulla Luna, qualcuno l’ha raccolto e lo raduna, se la ragione è qui che si conserva, vuol dir che sulla Terra non è rimasta che follia” tanto per rimanere in tema.
Chi mi conosce, sa che non l’ho mai fatto, nemmeno a vent’anni, quindi è evidente che può essere solo una frase destinata a cadere nel vuoto.
O magari no.
Magari l’idea prende forma in mezza giornata e “dai, sì, prenotiamo i biglietti, al massimo abbiamo buttato una trentina di euro a testa”. E poi, da lì, non è più una possibilità, è un’avventura inaspettata. Butta due cosette in valigia, prendi un po’ di cibo d’emergenza caso mai i vegetariani non siano ben accetti, un pacco d’acqua e inizia a respirare.
Perché abituata da un genitore eccessivamente protettivo e sin dalla più tenera età, a vedere e valutare ogni possibile rischio, pericolo o minaccia in qualsiasi cosa, ogni giornata, che esca dalla routine, prima di essere piacevole è una lotta con la vocina che, col megafono e in loop, ti ripete nel cervello tutto quello che potrà andare male. Vocina che vorrei mettere a tacere, ma che sta lì da troppo tempo per essere sradicata e, anche se frutto di tanto amore genitoriale, è la cosa più fastidiosa che si riesca a immaginare.
Allora respira, cerca di fare silenzio dentro di te, di scendere a patti con la razionalità, mentre chi ti sta attorno, non sapendo il retroscena, non comprende tutta questa agitazione e questa ossessiva tendenza a esorcizzare ogni possibile ostacolo.
Cosa assolutamente sciocca e impossibile.
E dovrei saperlo, visto che l’unica volta che sono stata punta da un’ape ero appena uscita dall’ufficio in pieno centro cittadino e non in mezzo a un bosco a campeggiare. O che il soffitto è crollato dentro il bagno di casa mia e non in un albergo dimenticato dagli dei in qualche posto sconosciuto.
Eppure non imparo e ogni partenza è un esercizio di sopravvivenza a me stessa e alle angosce indotte.
È stato uno dei weekend più belli della mia vita, proprio perché ho buttato alle ortiche 48 anni di paure. Ho dormito in auto, fatto pipì in bagni chimici da paura, cantato alle 4 della mattina, fatto il bagno in un mare limpidissimo e con un sorriso che mi faceva male alle guance.
Meravigliosa leggerezza, questa sconosciuta. Leggerezza che non è essere avventati, ma smettere di fasciarsi la testa ben prima di averla anche lontanamente sbattuta.
È stato incredibilmente rilassante.
E spero che mi abbia insegnato a mettere la sordina alla vocetta. Temo che non potrò mai spegnerla, ma mi piacerebbe almeno silenziarla per un po’. È incredibilmente appagante condividere un po’ di follia. Senza sensi di colpa o regole da collegio dickensiano. E permettersi di essere liberi, lontano da chiunque, con tutto l’amore del mondo, sa solo mettere paletti.