Da bambina ho sempre avuto una adorazione per Sarah Kay e il suo mondo fatto di delicata dolcezza. Trovavo rassicuranti i disegni che ritraevano Holly Hobbie e i suoi amici, mi incantavo a osservare i dettagli degli abiti, lo stile country ma sempre ricco di dettagli floreali, i vestitoni patchwork, i cappelli enormi che nascondevano il viso e i teneri animali che facevano compagnia a quei bimbi felici. Anche se quello che amavo di più era la vena di malinconia, che mi pareva di scorgere in quei piccoli e che me li rendeva ancora più vicini, perché affini al sentimento che ho sempre avvertito, pur non riuscendo a dare una connotazione a quelle sensazioni. Malinconia che dovevo nascondere accuratamente per evitare i rimbrotti dei grandi, sempre pronti a ricordarmi che dovevo essere felice e ringraziare per la mia condizione fortunata. Come se gli stati d’animo potessero essere controllati e modificati a piacimento.
Come molte bambine nate a metà degli anni settanta, ho avuto in dono diversi accessori del merchandising di quel piccolo mondo, tra tutti amavo una valigetta di latta regalata dalla mamma per un compleanno, forse durante l’ultimo anno di asilo e un astuccio, ricevuto da una compagna di classe e amica carissima, alle elementari. Dopo quarant’anni ho perso le tracce della maggior parte degli oggetti, finendo quasi col dimenticare anche la disegnatrice australiana, se non fosse che, di recente, a fronte di una ingiustizia da me patita, mi è stato fatto notare che è così perché io “sembro Sarah Kay, sempre gentile, sempre rispettosa e non faccio paura a nessuno.”
La frase mi ha colpito, inizialmente mi ha anche ferita, trovandola assurda. Sintetizzando: se qualcuno si comporta male con me, è colpa mia perché non gli mollo subito un calcio nel punto giusto? Poi ho razionalizzato, in effetti è vero, la gentilezza non è molto in voga in questo periodo, lo attesta il fatto che, anche nel mondo professionale, sempre più formatori sono costretti a ricordarne l’importanza per costruire relazioni efficaci. E per qualche giorno mi sono anche interrogata sul come imparare a essere maggiormente assertiva, come si dice adesso. E, confesso, è un pensiero che ancora non mi abbandona.
Ma quello che assolutamente non voglio perdere è il mio lato Sarah Kay, sebbene inizialmente il paragone mi abbia infastidita, ho capito che non voglio essere diversa da quello che sono, con la mia malinconia nel vedere un mondo che non sempre mi piace (non mi ha mai convinto troppo una società egoista, dove vige il principio dell’homo hominis lupus) e con le mie tremende abitudini di chiedere scusa e di ringraziare.
E magari la gentilezza tornerà di moda, come i pantaloni a zampa di elefante, e il mondo di Holly Hobbie non sembrerà più così anacronistico.